Luciano

Giorgio Gaber

La notte faccio sempre tardi, non certo per divertimento 
la notte è il mio elemento. 
Gli amici, la conversazione, quaranta sigarette, un po' di vino 
comincio a stare meglio e mi si alza il tono. 

Ma di mattina, ci tengo a precisare, all'una di mattina 
c'è sempre un cretino che suona 
perché il cretino è un amico che sa che stai dormendo 
e allora insiste, l'amico è tremendo. 

Mi alzo come un deficiente 
e gioco a mosca cieca con gli oggetti 
non mi diverto niente. 
Sarebbe il caso di sfruttare l'intelligenza della notte 
invece di sparar cazzate, mettere a posto le ciabatte. 
Mi aggiusto le mutande intanto che attraverso il corridoio 
c'ho un freddo… brrr… che muoio. 
La giacca del pigiama è quasi sempre troppo corta 
mi accosto un po' chinato e apro un pelo di porta. 

"Ah, sei tu, Luciano…" 
(è l'ultima persona che vorrei vedere). 
"Ah, sei tu Luciano, mi fa piacere". 

Lui mi si butta al collo, un tenero abbraccio 
ha gli occhi gonfi, è pallido come uno straccio 
mi stringo nella giacca del pigiama, un po' cortina 
barcollo, poi raggiungo la cucina. 

Così in mutande non sono a mio agio 
ma lui non può capire 
sono il suo salvatore, ormai mi ha scelto 
sono un gruppo d'ascolto. 

[parlato]: "Eh, sì, lo so, Luciano, le donne…" 

"Luciano, sono troppo nudo, dovrei mettermi almeno i pantaloni" 
ma lui non mi dà tregua, non sente ragioni 
e lo capisco, certo non è il caso di occuparsi di pudore 
quando un amico è disperato, soffre e piange e poi magari muore. 

"Un attimo soltanto", provo a dire 
"dovrei andare…" 
Sono anche debole di reni 
meglio non dirlo, per carità, di fronte ai suoi problemi. 

Infatti lui mi butta addosso una tale dose di dolore 
che non mi lascia neanche il tempo di pisciare. 
"Povero Luciano…" 
(devo dirgli qualche cosa di geniale) 
"Povero Luciano, come stai male". 

Lui soffre da morire, non esagera affatto 
è proprio vero, gli è successo di tutto. 
Se non fosse per come mi scappa lo potrei capire 
del resto anch'io ho sofferto per amore, purtroppo devo andare. 

Ma lui mi piange sulla spalla, mi vuol bene, mi si butta addosso 
non vuole mica, non c'è cristo che mi mandi al cesso. 
Sono anche debole di reni, non ne posso più, maledizione 
la sento scivolare un po', la fermo subito con il trucco della contrazione. 
Poi con indifferenza mi asciugo un po' la coscia 
che cosa vuoi che sia in confronto alla sua angoscia. 

Riprende a lamentarsi, è una cascata 
aiuto, un'altra goccia sulla coscia, questa volta non l'ho fermata 
io cerco di scappare, se posso lo mollo 
ma è troppo disperato, mi si butta al collo. 

Poveretto, gli muore anche la mamma e lui si spara, è tutto un morire 
è nello squagliamento più totale, è nel terrore. 
E io sono debole di reni, l'ho già detto, inutile resistere, tanto è lo stesso 
inutile resistere, lo so, lo so, oramai mi piscio addosso. 

"Aiuto, Luciano, mi sto pisciando addosso!". 
Non è possibile, non voglio, non posso 
la sento scivolare, mi sto pisciando addosso 
sento già il suo calore. 

"Aiuto, Luciano, non la posso fermare!" 
Mi si è sciolto il cuore 
sono una fontana, sono tutto un sudore. 

[parlato]: Aiuto, mollo tutto, adesso piscio, sì, piscio per due ore! 

[parlato]: "Luciano… Dove vai, Luciano… Dài, stai qui, vogliamoci bene. Ma come ti faccio schifo? Se stavo dormendo… È colpa tua. Te e quella troia che t'ha lasciato. Dài, Luciano, non andar via, stai qui con me, Lu… le donne sono tutte piscione!"
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